Negli ultimi tempi gli italiani si sono trovati in difficoltà nel reperire liquidità dalle Banche, che potesse servire questa per la compravendita di una casa, per l’acquisto di un’automobile o dello smartphone di ultima generazione, né tantomeno per ottenere la cessione del quinto, ossia, un prestito personale da estinguersi con cessione di quote del salario fino al quinto dell’ammontare dello stesso.
Secondo i dati della Banca d’Italia, vi sono stati erogati 114 miliardi in meno alle famiglie e questo non soltanto per mancanza di disponibilità di capitali trasformabili in moneta dovuta al credit crunch ( calo significativo dell’offerta di credito che ha caratterizzato il sistema economico dal 2011 ad oggi), quanto per la ragione che vede sempre più italiani inseriti nel libro nero (Sistemi di Informazioni Creditizie) dei cattivi pagatori, dove vi rimangono fino a 36 mesi dal momento in cui viene estinto il debito.
Riassumendo dunque, chi sono i cattivi pagatori? I cattivi pagatori sono coloro che, o hanno tardato nel pagamento delle rate di un prestito oppure che si sono astenuti totalmente dal pagarle. Questo potrebbe risultare molto difficoltoso per un imprenditore, che ad esempio non potrebbe accedere ad ulteriori finanziamenti.
Per quanto in Italia la situazione risulti talmente tanto disastrosa da essere nella black list sotto la Bulgaria, Romania e Slovenia, non si può affermare di aver raggiunto i livelli della Grecia e di Cipro. Purtroppo, come accennato nella prima parte dell’articolo, le banche italiane hanno l’11% di probabilità di non vedersi restituire i prestiti finanziati, in quanto l’11% dei crediti finiscono per diventare crediti deteriorati, mentre le banche francesi e tedesche hanno un rapporto del 3,1% e 1,9%. Banca Intesa è prima tra le ultime con i non performing loans risalienti all’11,9%, seguita da Unicredit con una ratio al 10,2%, succeduta in terzultima posizione dalla Commerzbank con un livello di crediti deteriorati pari alla metà, ossia il 6% delle sopracitate banche italiane. Dati, questi, che dimostrano che le banche italiane non possono concorrere con i competitors europei.
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