Pare che negli ultimi anni le banche italiane siano riuscite a smaltire molti dei crediti deteriorati in loro possesso: appena nel 2015 erano 341 i miliardi di euro di crediti deteriorati lordi nelle pance delle banche, adesso sono appena 168, addirittura meno della metà.
Ma se confrontiamo il sistema bancario nostrano con quello degli altri paesi, allora ci accorgiamo che sono davvero molti i passi da fare. Senza contare che per le banche dell’eurozona la Banca Centrale Europea ha fissato un obiettivo molto ambizioso (e complicato da raggiungere): arrivare, entro il 2021 a un rapporto tra crediti deteriorati e totale crediti al 5%.
Questo vuol dire che, essendo attualmente al 9%, le banche italiane dovranno cedere ulteriori 80 miliardi di crediti deteriorati entro i prossimi 2 anni. Una sfida molti difficile da vincere per un sistema bancario che ha già “saturato” il mercato, con 173 miliardi di crediti ceduti negli ultimi 48 mesi.
Inoltre c’è un ulteriore problema ad affliggere le banche italiane, quello dei crediti UTP, i tanto discussi “unlikely to pay”.
Questo tipo di crediti, considerati complicati ma ancora sanabili, in realtà sono molto più deteriorati di quanto si pensi, e inoltre fanno in gran parte riferimento al settore delle ricostruzioni. Proprio questo è un aggravante poiché quasi la metà delle piccole e medie imprese italiane lavora proprio nel settore edile.
Tali considerazioni portano ad un’unica alternativa: il sistema bancario italiano dovrà cedere al mercato ancora molti crediti deteriorati.
Ma c’è ancora spazio? Oppure il mercato degli NPL/UTP è davvero così saturo come tutti pensano?
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